Non tutti i mali vengono per nuocere (a Cesare quel che è di Cesare)

 

Come prevedibile e fisiologico, per i più diversi motivi non pochi compagni di corso hanno lasciato l’ uniforme anzitempo. La maggior parte di essi lo ha fatto fin nei primi giorni di Accademia o entro il tirocinio, altri hanno cambiato idea durante il biennio, altri ancora a Torino, fino a coloro che hanno preso una nuova strada solo dopo qualche anno di servizio ai reparti.

 

In qualche caso, un forte legame personale conservato fin da Modena oppure la vicinanza geografica o ancora l’ incontro fortuito che ha riavviato la frequentazione dopo un lungo distacco, hanno permesso ad alcuni di mantenersi in contatto con i colleghi rimasti in servizio ma la maggior parte, presa nelle orbite centrifughe rispetto al cammino di chi proseguiva nella professione, ha fatto perdere le proprie tracce.

 

Abbondantemente in anticipo sulla data del quarantennale, chi si occupava della sua organizzazione ha iniziato la ricerca certosina dei ’’dispersi’’, sorretto non dall’ ottimismo ma dalla certezza che la chiamata del Corso non sarebbe stata respinta. Così infatti è stato ed il successo dell’ operazione va riconosciuto allo specifico e preciso membro della pseudo-Commak-40ennale che se ne è fatto carico con pazienza ed acume ma, ancora di più, a tutti coloro che hanno accolto (forse con sorpresa ma certamente con emozione) il Segnale dell’ Appartenenza.

 

Anche se qualcuno non è stato rintracciato (ad esempio, un collega geograficamente lontanissimo)  il fatto di averlo cercato letteralmente per mare e per terra conferma la compattezza che il corso ha desiderato mostrare anche in questa straordinaria occasione perché ne è intimamente pervaso. Il rammarico di aver mancato qualche bersaglio è rimasto, sia perché ha privato gli introvabili dell’ opportunità di rivedere gli amici di un tempo sia, soprattutto, perché ha a tolto a questi ultimi il piacere di riabbracciare qualcuno in più.

Esistono Paesi che inviano i propri Allievi Ufficiali agli studi universitari, dopo un periodo iniziale di formazione in Accademia, e li sostengono fino alla laurea. La sorveglianza e la presenza dell’ istituzione sono comunque attive e vigili ma l’ interferenza concreta da parte delle attività militari è molto contenuta perché rinviata ad una eventuale fase successiva. Infatti gli allievi, conclusi gli studi, decidono se proseguire nella carriera o avviarsi a
professioni civili ed in questa scelta non sono affatto ostacolati.

A prima vista può sembrare che la libertà loro consentita di abbandonare il servizio così presto, quando sono stati preziosamente formati a cura e nello spirito delle istituzioni, si trasformi in un’ antieconomica e controproducente dispersione di risorse.

Viceversa, è ritenuto molto più importante che la cultura della disciplina e della responsabilità, sicuramente intrinseca alla mentalità militare seppure non sua esclusiva, costituisca un investimento di qualità utile ad arricchire questa o quella struttura esterna ed a permearne capillarmente il Paese.

Pur al di fuori di un progetto analogamente strutturato, questo si è dimostrato vero di fatto anche nel nostro caso. Infatti, riallacciando i contatti nella prospettiva del raduno con i colleghi usciti presto dai ranghi, si è appreso che tutti hanno comunque colto brillanti successi nelle più disparate attività. Non è motivo di soddisfazione il solo fatto che abbiano coronato diversamente le loro personali aspettative ma, ancora di più, l’ intero 24° Corso è orgoglioso che essi abbiano percorso la vita ispirandosi allo stile ed ai valori che anche la (breve o meno) esperienza in uniforme ha consentito loro di testimoniare.

 

 

 

 

ultimo aggiornamento:15/03/2008 18.20 by PdeW