Fu forse il timore di una tragica vulnerabilità che portò i
vertici a revocare rapidamente quella insana concessione, di cui
da allora non si é sentito parlare mai più.
l capo
assuntore dell’ Accademia - appunto, Napoleone (ma si chiamava
davvero così?) - accoglieva l’ aspirante con un sorriso appena
abbozzato ed un ’’buongiorno’’ sussurrato a fior di labbra,
dando una sensazione di mitezza e comprensione che i fatti
presto avrebbero smentito. L’ aspirante si sedeva sulla
poltroncina e, ben conscio di mettersi inutilmente in ridicolo,
lo implorava comunque a mezza voce di non tagliare troppo a
fondo. E’ vero che in quegli anni la mentalità benpensante non
concepiva che la moda giovane permettesse di portare i capelli
lunghi fino alle spalle; questa devianza era riconosciuta solo
ai sospettabili gruppi musicali pop in voga all’ epoca (i cui
costumi nulla avevano da spartire con quelli dei bravi ragazzi
di buona famiglia) ed ai loro più affascinati e, quindi ancora
più sospettabili, ammiratori. Inoltre, è vero che tutti gli
aspiranti - come se un messaggio misterioso avesse raggiunto in
tutto il Paese centinaia di giovani inconsapevoli del prossimo
destino comune - si presentarono in Accademia con il taglio
fresco e più deciso del solito eseguito dal barbiere di fiducia.
Tuttavia, anche le più incisive misure adottate prima della
partenza si rivelavano pateticamente inadeguate all’ ’’hairstyle’’
previsto dall’ Istituto. Napoleone ed i suoi colonnelli davano
allora di piglio alle famose macchinette e, partendo dalla nuca,
cominciavano a salire brutalmente come se non fossero
interessati ad altro che lo scalpo. Le ciocche scendevano
copiose e lievi come fiocchi di neve, diventando via via valanga
ed accumulandosi sul pavimento talché, alla fine della giornata,
il loro spessore arrivava alle ginocchia.
Il comandante di plotone vigilava imperscrutabile ma era chiaro
che provava un perfido compiacimento. A sua volta, lo smarrito
aspirante osservava di sottecchi questo perfetto sconosciuto e
si rendeva confusamente conto che da lì all’eternità ogni suo
pensiero, parola, opera ed omissione avrebbe visto il Tenente
quale ineludibile giudice del bene e del male.
Per inciso va detto che l’ inclinazione al riscatto innata nella
nostra gente, sottomessa per secoli da dominazioni che l’
angariavano in punta di lancia, portava anche l’ aspirante a
raccogliere fin dall’ inizio la sfida ed osare la riscossa nei
confronti del cerbero a due stellette. Esempio ne è un gruppetto
di alcuni allievi che - tenuti d’ occhio con particolare
attenzione essendone nota la tendenza a cercare costantemente
spazi personalizzati nelle pieghe delle regole - pensò di
poterla fare in barba al Braccio Secolare e si rifugiò una
mattina nel magazzino in fondo alle camerate, accanto ai bagni,
per appollaiarsi su un cumulo di materassi e godere uno sprazzo
di riposo clandestino. Il Tenente impiegò pochi minuti per
andare a colpo sicuro ed essi, sentendosi braccati, scivolarono
come fette di prosciutto in un toast fra gli strati di materassi
impilati. Al comandante di plotone, reso astuto da un paio d’
anni passati brillantemente alla Frontiera Orientale, fu facile
snidare il primo e poi tutti gli altri - come le briciole di
pane di Pollicino - per amministrare infine solenne giustizia.
Ma questa è un’ altra storia. |